Quanto l’Intelligenza Artificiale possa davvero considerarsi “intelligente” lo spiega Gianni Prandi in un’editoriale che “L’Espresso” ha pubblicato lo scorso 6 maggio. “La AI non è capacità cognitiva, non riproduce i processi e le attività mentali che generano le nostre conoscenze. Il suo mestiere è un altro, come se fosse uno straordinario archivista: sa incamerare quantità formidabili di dati e catalogarli con una rapidità eccezionale in modo da poterli confrontare. Usando il termine che si usava per distinguere le doti degli studenti: è un secchione, non un genio”, spiega Gianni Prandi rifacendosi a quanto ha avuto modo di appurare anche attraverso il sistema avanzato di Media Intelligence WOSM© implementato da Vidierre, società che ha fondato nel 1993.

In 30 anni di monitoraggio della rete Internet l’abbiamo vista accumulare miliardi e miliardi di byte. Se ci guardiamo intorno, vediamo che negli ultimi anni c’è stata una crescita vertiginosa sia della tecnologia applicata sia delle persone che la utilizzano, tanto che si ipotizza che nel 2050 i dispositivi connessi supereranno i 300 miliardi”, sottolinea in merito. Il problema, secondo Gianni Prandi, è la superficialità con cui si affronta un cambiamento così profondo: “Si mescolano fantascienza e paure creando una nuvola di caos tale da lasciarci privi persino di una definizione di intelligenza artificiale”.

Impossibile non farsi domande anche per chi ha fondato una realtà come Vidierre che si occupa quotidianamente di elaborare dati. “La mia impostazione resta quella di umanista”, scrive Gianni Prandi nell’editoriale chiedendosi “dove ci porterà l’intelligenza artificiale, che non ha la sua forza nella capacità di comprendere, ma in quella di agire”. È “azione senza intelligenza, questo caratterizza la sua rivoluzione”. E allora come intendiamo utilizzarla? Come per tutte le innovazioni, evidenzia infine il fondatore di Vidierre, se non vengono governate finiscono per schiacciare l’uomo: “Per questo credo che sia importante stabilire regole e principi. Il rischio è che comprima l’autonomia, l’indipendenza e la capacità di decidere: un percorso che trasforma l’essere umano in un mezzo, mentre dovrebbe restare il fine”.

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https://lespresso.it/c/economia/2024/5/6/lintelligenza-artificiale-non-e-intelligente-come-vogliono-farci-credere/50762