Da quando internet è entrato nelle nostre vite, rivoluzionandole, ne è passato di tempo. In Italia, come d’altro canto nel resto del mondo, a partire dal suo arrivo negli anni ’80 è andato via via acquisendo sempre più valore, sconfinando in ogni campo, incluso quello della cultura. Federico Motta Editore ricorda, ad esempio, quella che all’epoca della sua uscita si rivelò un’iniziativa editoriale davvero innovativa: la versione online dell’Enciclopedia Motta.
A proposito di rete e di internet, oggi si sente molto parlare di big data, locuzione inglese con la quale si indica un’enorme raccolta di dati. Ma di che dati si tratta e perché sono così importanti? Federico Motta Editore prova a rispondere a questa domanda, partendo dalle origini. Alla base di tutto c’è ovviamente internet, che ritrova come suo progenitore il progetto di Arpanet, risalente al 1969. Come si può facilmente dedurre, il progetto si rivelò un successo e presto si diffuse in tutto il mondo. Alla costante diffusione di internet si affiancò una continua crescita delle sue potenzialità, trasformando il web in un luogo dove le comunicazioni avvenivano in tempi brevissimi e attraendo in questo modo miliardi di utenti. E proprio agli utenti è legato il concetto dei big data. Gli internauti, navigando sul web, lasciano infatti una serie di tracce digitali, che vengono immagazzinate all’interno di database e in seguito processate al fine di ricavare dati indispensabili per analizzare il comportamento delle persone, i loro interessi e le loro abitudini.
A questo punto, come ricorda Michela Nacci nelle pagine di “Historia”, entrano però in gioco questioni spinose sul rapporto tra internet, globalizzazione, politica e privacy. A tal proposito, sebbene si lamenti un eccessivo utilizzo dei big data per fini commerciali, la Casa Editrice sottolinea che bisogna anche tener conto del fatto che le informazioni ricavate vengono usate pure per scopi scientifici. Con i big data provenienti da Google, ad esempio, è stato possibile monitorare le epidemie di influenza, studiando la frequenza con la quale venivano cercati i sintomi della malattia. La morale è quindi che le nuove tecnologie racchiudono un potenziale sconfinato e sta solo a noi imparare ad usarle correttamente. D’altronde, come scrive il sociologo Manuel Castells in un estratto citato nel volume dedicato all’Età moderna di Federico Motta Editore, se è vero che internet potrebbe rivelarsi uno strumento per la repressione in un’ipotetica dittatura globale, è altrettanto vero che può essere un potente mezzo a disposizione dei cittadini, i quali possono utilizzarlo per controllare persino la trasparenza delle amministrazioni.